DURC: cos’è, a cosa serve e come richiederlo

Se siete imprenditori con dipendenti a carico sicuramente avrete avuto a che fare con il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) indispensabile per partecipare a gare d’appalto pubbliche e in altre situazioni lavorative in cui serve il rilascio di una certificazione da parte della Pubblica Amministrazione per poter svolgere un lavoro o servizio.

Vediamo quindi più nei dettagli cos’è il DURC, a chi serve, come e dove richiederlo.

Cos’è il DURC?

Il DURC, acronimo di Documento Unico di Regolarità Contributiva, dopo un’iter normativo cominciato nel 2000, è entrato in vigore il 2 gennaio del 2006 e da quel momento ha cambiato la vita delle imprese e del loro rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Il DURC nasce con l’intento di contrastare il lavoro nero e l’evasione contributiva, infatti il certificato non può essere rilasciato a coloro che, avendo dipendenti a carico, non risultano in regola con gli obblighi contributivi e, senza lo stesso, non potranno partecipare ad una serie di attività lavorative che vedremo a breve.

Qualora il DURC risulti regolare, il richiedente ottiene la certificazione da INPS, INAIL ed eventualmente dalla Cassa Edile, che la sua posizione contributiva è regolare e ciò è un via libera per poter lavorare con/per la Pubblica Amministrazione.

Da chi può essere richiesto?

I principali richiedenti del DURC sono gli enti pubblici che, nei bandi e nelle gare che emanano, devono obbligatoriamente chiederne copia ai partecipanti (chi non lo presenta verrà escluso dalla gara) e, successivamente, il vincitore del bando dovrà presentare il documento alla stipula del contratto, al momento del pagamento delle fatture, del collaudo e del saldo. Insomma, il DURC è un tipo di certificato che accompagna l’iter burocratico di una gara pubblica in ogni sua fase.

Il DURC deve essere richiesto alla ditta scelta per l’esecuzione di una prestazione lavorativa anche dai privati cittadini che sono in procinto di eseguire lavori edili per cui è necessario presentare la DIA (Denuncia Inizio Attività).

Chi deve presentarlo?

Sono tenuti a presentare il DURC le imprese e i datori di lavoro ma anche i lavoratori autonomi. Le ditte individuali, non avendo dipendenti, sono tenute a presentare una dichiarazione in cui si specifica di non avere dipenti a carico e di essere in regola dal punto di vista tecnico e amministrativo.

Dove richiederlo?

A seguito del Decreto Legge 34/2014, dal 1° luglio 2015 è possibile per tutti gli interessati (enti richiedenti e ditte appaltatrici) verificare la regolarità contributiva nei confronti dell’INPS, dell’INAIL e della Cassa Edile, in modo telematico e in tempo reale. Una volta avanzata la richiesta all’ente preposto (utilizando le credenziali d’accesso che saranno il codice fiscale e il pin), lo stesso vi invierà risposta a mezzo PEC con l’esito dell’indagine contributiva.

Quanto dura?

La documentazione, ottenibile esclusivamente tramite procedura online, ha valore per 120 giorni dall’emissione (fa fede la data della PEC che vi verrà inviata). Solo nel caso di lavori di edilizia privata per cui è richiesta la presentazione della DIA il certificato avrà valore di 90 giorni.

Quando è obbligatorio?

Elenchiamo ora le casistiche in cui è obbligatorio presentare il DURC:

  • Quando si partecipa ad appalti pubblici, sia per l’esecuzione di lavori che per la prestazione di servizi. Generalmente la stessa certificazione dovrà essere presentata anche più volte in diverse fasi all’interno dello stesso iter burocratico;
  • Ogni qualvolta una ditta prende in gestione dalla Pubblica Amministrazione (sia in convenzione che in concessione) la somministrazione di servizi e attività pubbliche;
  • Per ottenere l’attestazione SOA (Società Organismi di Attestazione);
  • Per iscriversi all’Albo dei Fornitori;
  • Per lavori edilizi in ambito privato che necessitino di DIA;
  • Per l’ottenimento di incentivi, sovvenzioni e agevolazioni da parte di Enti Pubblici.

Cosa succede se il DURC non risulta regolare?

In caso di DURC irregolare e, di conseguenza, con l’attestazione da parte dell’Ente emittente che la ditta richiedente non è in regola con la posizione contributiva, la stessa non potrà partecipare al bando cui aveva intenzione di concorrere oppure, in caso di procedura in atto durante la quale sopraggiunge l’insolvenza contrituitiva in una delle fasi, l’iter si bloccherà.

In caso di irregolarità l’Ente emittente comunicherà alla ditta interessata il dettaglio delle mancanze rilevate e la stessa avrà tempo 15 giorni per regolarizzare la situazione contributiva con un ulteriore periodo di flessibilità di altri 15 giorni.

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Carte di credito virtuali: cosa sono e come funzionano

Navigare sul web in cerca di opportunità di acquisto online porta alla valutazione, come sappiamo, del tipo di carta migliore da usare per il pagamento e per evitare truffe: avete mai valutato l’uso di una carta di credito virtuale? I rischi sono quelli di sempre: che possano clonarci la carta e prosciugarci il conto, motivo per cui è opportuno avere una carta “di appoggio” solo per acquisti online. Con le carte di credito virtuali possiamo sopperire a questa necessità, ed il tutto – come vedremo – senza nemmeno dover ordinare una nuova carta fisica, che da’ sempre un certo impiccio nei nostri portafogli, spesso già stracolmi.

Come funziona una carta di credito virtuale

La carta di credito virtuale è un servizio offerto ai clienti mediante app specifica, installabile su iOS e su Android, che permette di poter usufruire degli stessi servizi delle carte di credito fisiche. Una carta di credito virtuale, di fatto, non richiede di portarsi dietro la carta fisica, il numero è già impresso nell’app in modo sicuro e ciò, di fatto, permette sia di usare il PAN (il numeretto della carta) che la data di scadenza ed il CVC sul retro per pagare nei siti, magari ricaricandola all’occorrenza per evitare di farci prosciugare il conto principale.

Tecnologia delle carte di credito virtuali

L’uso di carte di credito virtuali potrebbe, di fatto, suscitare qualche dubbio sulla sicurezza del loro uso e su come effettivamente facciano a farle funzionare.

Di fatto, le carte di credito virtuali sono app vere e proprie, in grado di funzionare come carta di credito al posto di quelle fisiche, le tradizionali afferenti ai vari circuiti VISA Mastercard ecc.. Ovviamente, le app per le carte virtuali vengono progettate e programmate seguendo i più rigorosi standard del settore sicurezza e home banking, e sfruttano una tecnologia presente su buona parte degli smartphone moderni, nota come Near Field Communication (NFC). Tale “comunicazione in prossimità” è in grado sia di ricevere che di trasmettere a corto raggio, il che la rende candidata all’uso in prossimità dei POS di pagamento, esattamente come faremmo con una carta fisica.

Ora, a parte l’uso di NFC implementato in ambiti diversi da quelli dei pagamenti online (a Milano, ad esempio, è stata avviata per consentire l’uso degli e-ticket o biglietti dei mezzi elettronici), NFC viene usato anche per collegarsi a Apple Pay, Samsung Pay, Google Pay e Vodafone Pay, quindi i principali sistemi di pagamento online diffusi oggi sul mercato. Le carte di credito virtuali – un esempio tra i più interessanti degli ultimi anni è senza dubbio YAP , ma anche HYPE ed altre hanno sia funzione di carta fisica che di carta virtuale, volendo – sono anche carte contactless che funzionano mediante NFC e tecnologia RFID, e basterà avvicinare il cellulare al POS del commerciante per effettuare il pagamento. Una carta, insomma, in tutto e per tutto identica a quella che abbiamo usato per le prime volte da quando American Express le mise in circolazione per la prima volta, e che sono una naturale e pratica evoluzione tecnologica in questo settore.

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Come vendere bitcoin e farsi pagare su PostePay

Desideri vendere bitcoin che già possiedi e farti pagare il corrispondente in euro sul tuo conto PostePay, in modo da poterlo spendere o ritirare da un ATM: come fare? Per fare questo puoi seguire la procedura riportata di seguito: per eseguirla in modo corretto, dovrai già avere un account PayPal collegato alla stessa carta PostePay sulla quale vorresti fare il versamento di criptovaluta.

Informazioni importanti sul servizio citato, Unichange.me – Unichange.me dispone di connessione SSL protetta su tutto il sito, e permette di effettuare le transazioni nella massima sicurezza; il tempo di processamento di un ordine o transazione (order) va dai 15 minuti alle 24 ore, a seconda dei sistemi di pagamento coinvolti.

I passi da seguire sono quelli che seguono.

  1. Vai nel sito Unichange.me e se non sei già iscritto, iscriviti: inizialmente basteranno email ed una password a tua scelta, subito dopo riceverai la conferma via email. Clicca sul link che avrai ricevuto, e poi vai a specificare la tua anagrafica (nome, cognome, indirizzo di residenza, città, regione, CAP e nazione)
  2. Nel menù principale del sito, clicca su Exchange;
  3. Nel campo “You send“, in questo caso selezionare Bitcoin. Nel campo “You receive“, è invece necessario selezionare Paypal EUR. Nota: si paga una fee, cioè una commissione di almeno 3 EUR, che verranno sottratti dall’account direttamente prima dell’invio.
  4. Inserire i campi richiesti: Paypal EUR account (l’account PayPal su cui volete ricevere il denaro), email (la mail su cui volete essere avvisati o contattati), un account Skype per contatti diretti via chat con l’assistenza (opzionale), un eventuale numero di telefono su cui ricevere un SMS di conferma della transazione.
  5. Cliccate su Submit
  6. Se è tutto corretto nei dati inseriti al punto 4, cliccate su Confirm
  7. Ecco la vostra fattura bitcoin (invoice) da pagare, in modo che possiate inviare i bitcoin e ricevere il pagamento: vedrete il messaggio Order […] was placed successfully. inquadrate il QR-Code generato, a questo punto, e pagate mediante la vostra applicazione wallet (ad esempio Electrum).
  8. L’operazione impiega 1 giorno lavorativo per essere eseguita, per cui se la fate in giorni festivi dovrete attendere il primo giorno lavorativo utile. Per quanto riportato nel sito, infine, le transazioni possono essere suddivise in più invii successivi, per grosse somme.
  9. Una volta ottenuti i soldi su PayPal, seguite le istruzioni per collegare il vostro conto PostePay a PayPal e poi, per finire, quelle per versare i soldi da PayPal a PostePay.

Eccovi infine due schermate di esempio per chiarire come funziona il passaggio da bitcoin a PayPal.

Nel campo “You send“, selezionare Bitcoin. Nel campo “You receive“, selezionare Paypal EUR. Nell’esempio, riceveremo il corrispettivo di 0.010155 BTC in EUR, che – al momento della scrittura del tutorial – era di circa 50 euro (con 3 euro di commissione minimo)Dati di prova inseriti a titolo di esempio.

 

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