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Quali sono i modi più diffusi per evadere il fisco in Italia

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L’evasione fiscale rientra nelle attività illecite atte, con vari metodi, a spostare fondi soggetti a tassazione o ad effettuare operazioni di vario genere per ridurre le tasse da pagare. Grazie ai pagamenti con conto corrente queste operazioni non sarebbero possibili, anche se la trasparenza delle banche non è sempre all’ordine del giorno e questo avviene soprattutto per le banche estere o in paesi in cui la tassazione è differente o meno trasparente. È chiaro che si parla di tecniche non lecite dal punto di vista della legge, e che non dovrebbero mai essere effettuate in nessun caso e da nessuna azienda.

Il Sole24Ore qualche tempo fa ha dedicato un interessante articolo su questo argomento, individuando almeno 6 modi per effettuare questa operazione. Il rapporto risale al 2013 ma è interessante da leggere ancora oggi, perchè probabilmente riporta informazioni ancora utili e in atto al momento in cui leggete.

Conti correnti privati

Usare un conto corrente privato per i movimenti della propria azienda è considerato uno dei primi fattori potenzialmente a rischio: da un conto corrente intestato ad una persona giuridica o un’azienda a quello di una persona fisica. In questo modo si riesce a “diluire” il carico fiscale scaricandolo da quello che spetterebbe all’azienda.

Carte prepagate

In altri casi si tende a fare uso delle carte prepagate, soprattutto quelle che non pongono limiti di utilizzo (sopra i 1000 euro alla volta scatta l’antiriciclaggio, in genere). L’apertura di queste carte è tipicamente online per cui non sempre è facile riuscire ad individuare e tracciare questi movimenti.

Scudo fiscale

Vengono spesso registrate, poi, varie operazioni con fondi “rientrati” dallo scudo fiscale (la nota regolarizzazione di tributaria, simile ad un condono) che vengono a volte reinvestiti ed inviati su altri conti correnti. Anche in questo caso non è semplice individuare questo genere di situazioni, ma spesso la contestazione dell’irregolarità avviene.

Contanti

Che il contante sia sinonimo di evasione è un’equazione accettata, anche se non universalmente, in vari settori dell’economia e della finanza: questo avviene soprattutto in relazione alle banconote di grosso taglio, per inciso, come quelle da 500 euro. Chiaramente non tutti sono d’accordo su questo: in particolare i liberi professionisti: tant’è che si era ventilata la proposta di innalzare la soglia massima dei pagamenti in contante da 1000 a 5000 euro (cosa che non è mai stata fatta). In questo, ovviamente, dipende dai singoli casi che sono spesso impossibili da accertare, visto che il contante (prima ancora delle criptovalute, in effetti) è la moneta non tracciabile per definizione.

Fatture false

Stabilire che una fattura sia falsa spesso è molto difficile o impossibile, ma anche qui si tratta di operazioni atte a “bilanciare” ed è un classico il pagamento per servizi mai acquistati. In casi più elaborati ci sono aziende “carosello” che si intromettono tra acquirente ed erogante servizio o prodotto per incassarne in un secondo momento l’IVA.

Paradisi fiscali

Il caso conclusivo dell’articolo è incentrato su un classico: società di comodo che operano ad esempio nelle Isole Cayman ed altri paesi in blacklist dal punto di vista del fisco, nelle quali è possibile sfruttare aliquote più basse o addirittura inesistenti, oppure la possibilità di proteggere le operazioni mediante segreti bancari dei conti correnti del posto, non soggetti alla regolamentazione più rigida del paese di origine.

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