Ultimamente si fa un gran parlare di moneta digitale e tutti gli esperti del settore ne stanno studiando pregi e difetti per verificarne un possibile reale utilizzo nell’economia di tutti i giorni – quella, per capirci, che si riferisce ai nostri pagamenti al bar o dal fruttivendolo – e non solo quella speculativa in cui gli investitori giocano a prevedere i picchi di valutazione delle monete virtuali nella speranza di incassare il più possibile. La domanda se la sono posta anche dalle parti della BCE (Banca Centrale Europea) che, dopo un periodo di attento studio del fenomeno, ha deciso di lanciare un programma di analisi biennale che ha come fine studiare l’impatto che potrebbe avere un euro digitale sui mercati europei e quali caratteristiche tecnologiche gli sarebbero più appropriate.
Euro digitale vs Euro reale
L’Euro, la moneta in uso nei confini della Comunità Europea sin dal 2002, è una delle valute più forti e stabili del pianeta. Grazie alla puntigliosa regolamentazione cui è soggetta e all’onnipresente controllo della BCE, è riuscita a superare meglio di altre monete l’impatto con le crisi economiche più devastanti degli ultimi 20 anni (bolla dei sub-prime, crisi da pandemia di Covid-19) e – nonostante gli innegabili difetti – è il più grande veicolo di promozione e salvaguardia economica dell’intera Comunità Europea.
Partendo da questo presupposto, può sembrare quindi strano che la BCE stia concentrando risorse ed energie nello studiare un formato digitale dell’Euro, essendo le criptovalute monete cui manca la caratteristica principale dell’Euro stesso: la stabilità.
Da quanto trapela sembra proprio che l’idea di Christine Lagarde, presidente della BCE, e dei vertici delle istituzioni economiche europee sia proprio quella di progettare una valuta digitale stabile sui mercati e, di riflesso, utilizzabile da qualunque utente anche nelle operazioni di transazione economico-finanziarie quotidiane più banali.
Stabilizzare una moneta virtuale
La vera scommessa che la BCE si propone di vincere è quella di riuscire a stabilizzare una moneta virtuale. Infatti le criptovalute, non essendo ancorate al sistema di “pesi e contrappesi” tipico delle monete tradizionali, vivono periodi di vertiginosa ascesa alternati ad altri di crollo repentino nelle valutazioni, risultando molto suscettibile agli umori del momento (pochi mesi fa, ad esempio, con un semplice Tweet, il miliardario Elon Musk fece sprofondare in poche ore il valore dei Bitcoin) e quindi poco affidabili per legare ad esse l’andamento economico di una nazione. Non è un caso se, infatti, le criptovalute, al momento, abbiano per lo più due soli utilizzi pratici: il pagamento di beni o prestazioni illegali e la speculazione finanziaria.
Per stabilizzare una moneta virtuale serve quindi un insieme di regole cui queste devono sottostare, esattamente come avviene per le monete tradizionali che gravitano nei circuiti di borsa. Devono in oltre essere previsti dei meccanismi di blocco delle contrattazioni in coincidenza con elevati picchi di rialzo o di ribasso ed essere ancorate in qualche modo all’economia reale (e legale).
L’obiettivo della BCE
La Lagarde, conscia delle problematiche legate alle criptovalute, ha affermato che ora è il momento di intraprendere un cammino di profonda analisi del fenomeno che duri due anni. Dopodiché, in base ai risultati ottenuti, si discuterà insieme alle autorità economico-finanziarie della Comunità se e quando immettere nei mercati l’Euro digitale, fermo restando che essa dovrà incondizionatamente garantire:
- Stabilità economica e monetaria;
- Essere particolarmente difficile da utilizzare per compiere transazioni illecite;
- Essere utilizzabile per tutte le transazioni eseguibili con moneta tradizionale;
- Integrare ma non sostituire la moneta contante.
In particolare, negli studi preliminari già esaminati dalla BCE i quali hanno determinato il parere favorevole a questa nuova fase biennale di indagine, tramite sondaggi condotti con professionisti e semplici utenti, si sono analizzate quattro aree sensibili dove una moneta digitale potrebbe avere delle criticità:
- Libro mastro digitale dell’Euro;
- Privacy e antiriciclaggio;
- Limiti nella circolazione digitale dell’Euro;
- Eccesso dell’utente alla moneta in situazione di impossibilità di connessione alla rete internet e il relativo studio di dispositivi appropriati dedicati.
Tutti gli studi effettuati al proposito hanno al momento dato risultati soddisfacenti e non sembrerebbero esserci ostacoli insormontabili per implementare le caratteristiche richieste ad un ipotetico Euro digitale.
Per quanto riguarda la tecnologia da utilizzare per rendere univoci e inalterabili le transazioni, sia il meccanismo proprietario della Comunità Europea denominato Eurosystem Target Instant Payment Settlement (Tips) che la tecnologia della blockchain, generalmente utilizzata nelle criptovalute in circolazione, si sono dimostrate sufficientemente affidabili, prestanti e sicure per impiantarvi l’architettura digitale necessaria al funzionamento della nuova valuta digitale.
Ora bisognerà attendere questi ulteriori due anni di analisi e riflessione, dopodiché la BCE prenderà la decisione definitiva che, siamo sicuri, non influenzerà solo l’ipotetico destino digitale dell’Euro ma anche il futuro di tutte le criptovalute in generale.