Il discorso sui dazi è spesso semplificato dal linguaggio politico e mediatico, ma la realtà economica è molto più sfaccettata.
I dazi doganali sono imposte applicate sulle merci che attraversano i confini internazionali, con l’obiettivo di proteggere l’economia locale e generare entrate per lo Stato. Nella maggior parte dei casi, i dazi all’importazione sono a carico dell’importatore, mentre quelli all’esportazione spettano all’esportatore. (fedex.com) Per quanto riguarda le spedizioni internazionali, se non diversamente specificato, i diritti doganali vengono automaticamente addebitati al destinatario. Tuttavia, il mittente può indicare sulla lettera di trasporto aereo che desidera farsi carico di tali costi. Inoltre, se il destinatario rifiuta la spedizione o il pagamento dei dazi, la responsabilità ricade sul mittente. In sintesi, sebbene i dazi siano formalmente a carico dell’importatore o dell’esportatore, il loro costo viene spesso trasferito lungo la catena di approvvigionamento, influenzando i prezzi finali per i consumatori e i costi operativi per le imprese.
I dazi: un’arma politica che ricade sui lavoratori
Premessa: l’economia non è una scienza esatta come la fisica o la chimica. Non esistono “leggi” economiche universali nel senso delle leggi della natura. Esistono modelli, teorie e interpretazioni che cercano di descrivere e prevedere il comportamento di sistemi complessi, ma sono sempre soggetti a variabili politiche, sociali e culturali. L’idea di imporre dazi doganali viene spesso venduta come una politica a favore dei lavoratori nazionali, per proteggere l’industria interna dalla concorrenza straniera. Ma chi paga davvero il prezzo di questi dazi? Spoiler: non le aziende cinesi, non il governo di Pechino, ma i consumatori e le imprese americane (e occidentali in generale).
I dazi sono tasse sui consumatori
Quando il governo impone dazi sulle merci importate (ad esempio su acciaio, semiconduttori o auto elettriche cinesi), il prezzo di quei beni aumenta automaticamente. Questo perché le aziende che li importano non assorbono il costo dei dazi, ma lo scaricano sui consumatori finali. Il risultato? Prezzi più alti per tutti, inflazione e un costo della vita maggiore.
Colpiscono le piccole imprese, non i colossi
Le grandi multinazionali hanno le risorse per delocalizzare la produzione, diversificare i fornitori o trovare scappatoie fiscali. Le piccole e medie imprese, invece, non hanno questo lusso e finiscono per subire direttamente l’aumento dei costi. Una fabbrica che compra componenti cinesi vedrà i suoi costi lievitare, senza possibilità di alternative immediate.
Non “riportano il lavoro a casa”
La retorica dei dazi come strumento per rilanciare la produzione nazionale è in gran parte una bufala. Il motivo? Le aziende non spostano magicamente la produzione negli USA solo perché importare diventa più costoso. Spesso si limitano a trasferire la produzione in altri paesi con manodopera a basso costo (Vietnam, Messico, India), lasciando gli operai americani nella stessa situazione di prima.
Scatenano guerre commerciali e recessione
La storia ci insegna che i dazi non fanno bene all’economia globale. L’aumento delle tariffe doganali spesso innesca ritorsioni da parte dei paesi colpiti, che a loro volta impongono dazi sui prodotti americani. Questo significa meno esportazioni per le aziende statunitensi, perdita di posti di lavoro nei settori colpiti e tensioni geopolitiche.
I veri vincitori?
Ci sono categorie che beneficiano di queste politiche, come le lobby industriali che ottengono protezioni artificiali dalla concorrenza. E poi, ovviamente, i politici che possono vendere i dazi come un successo nelle loro campagne elettorali, facendo finta di combattere la “globalizzazione cattiva” mentre, di fatto, peggiorano la situazione per la maggioranza della popolazione.
I dazi visti dall’analisi economica: chi paga davvero?
Tornando al tema dei dazi, non esiste una legge assoluta che stabilisce chi ne sopporta il peso. Dipende da una serie di fattori:
- Elasticità della domanda e dell’offerta → Se un bene ha pochi sostituti (ad esempio semiconduttori avanzati), il costo del dazio ricadrà più facilmente sui consumatori finali, perché le aziende importeranno comunque quel bene e scaricheranno il prezzo sugli acquirenti.
- Struttura della catena di produzione → Se un prodotto subisce diversi passaggi internazionali prima di arrivare al consumatore (es. uno smartphone con componenti asiatici, assemblato in Messico e venduto negli USA), il dazio può colpire diverse aziende lungo la filiera.
- Capacità di assorbire i costi → Le grandi multinazionali spesso trovano modi per aggirare i dazi (rilocalizzando, spostando costi, ottenendo sussidi), mentre le PMI e i consumatori finali ne subiscono l’impatto più diretto.
Il problema della deindustrializzazione e della perdita di posti di lavoro è reale e serio, ma i dazi non sono la soluzione. Servirebbero invece politiche strutturali: investimenti pubblici, protezioni sociali per i lavoratori, incentivi per la transizione ecologica e una redistribuzione della ricchezza. La guerra commerciale, al contrario, è solo un’illusione che serve a nascondere le vere cause del declino industriale occidentale.